Stadi? Semplicemente No!
Alla pressante richiesta di costruire nuovi stadi per Milan e Inter diamo subito una risposta inequivocabile: no, gli stadi non devono essere costruiti.
E le ragioni sono semplici e gravi, alla portata di tutti:
- Comporterebbero consumo di suolo
- Congestionerebbero ulteriormente il traffico
- Incrementerebbero l’inquinamento
- Porterebbero caos alla vita e alla viabilità delle zone circostanti
- Graverebbero sui costi dei cittadini e dei Comuni che li ospiterebbero.
In estrema sintesi: nuovi stadi sarebbero contro il diritto alla salute, contro natura e contro il senso civile della vita.
E sorgerebbero in aree già gravemente compromesse.
Nuovi stadi non dovrebbero essere costruiti per alcune semplici ragioni, ma dobbiamo essere realisti: chi ha la forza di fermarli?
Con la debolezza “costituzionale” delle attuali forze politiche solo i cittadini possono fermare lo scempio.
Nuovi stadi: una scelta senza senso
Partiamo da alcune evidenti, e persino ovvie, motivatissime e intelligenti ragioni del no esposte dai Comitati che non vogliono gli stadi ma qualità della vita dei cittadini e dell’ambiente; motivazioni che in futuro ci permetteranno di dire: “noi l’avevamo detto”.
Gli stadi consumano suolo, a maggior ragione per il fatto che non si tratterà solo del “catino di gioco”, ma di aree con centri commerciali, di parcheggi, di strade e altro. In un territorio come quello Milanese, dove ci sono la più alta densità di popolazione, il più alto consumo di suolo d’Europa e crescono i centri logistici come funghi, con i peggiori indici di salubrità climatica, dove ci sono la più alta densità di traffico e la più alta mortalità per inquinamento dell’aria, i più alti indici di stress, si dovrebbe andare in direzione ostinatamente contraria alla scelta degli stadi.
Ma ai signori del calcio a nulla importa tutto ciò: essi devono accumulare profitti e a essi non importa se per il profitto ci saranno gravi danni ambientali e alle persone.
Progetti in aree fortemente critiche
In questo quadro generale vogliono costruite strutture che attireranno decine di migliaia di persone e automezzi, peggiorando enormemente la qualità della vita di vaste zone già martoriate da precedenti scelte urbanistiche e dal traffico. Infatti, la collocazione è prevista in aree fortemente critiche, con la presenza di altre strutture che ogni giorno movimentano molte decine di migliaia di persone e mezzi e sono passaggi obbligati per recarsi al lavoro o in altre aree del Paese.
A Rozzano lo stadio dell’Inter sarebbe a poche centinaia di metri da Milanofiori, con l’enorme area ad uffici, centro commerciale e Forum di Assago, che hanno consumato oltre 200 ettari di terreno agricolo; si affaccerà su un tratto di tangenziale costantemente intasato dal traffico e accanto alla Statale Milano – Pavia, anch’essa con traffico molto intenso e costantemente intasata negli orari di spostamento dei lavoratori.
Saranno cancellati 21 ettari di verde agricolo, ai quali andranno aggiunti altri ettari consumati dalle opere viabilistiche.
Al Forum già ci sono programmazioni tutto l’anno tra sport e spettacoli – nel solo mese di marzo 2024 si prevedono circa 30 iniziative – con grande affluenza di pubblico e auto.
Il traffico dello stadio andrebbe a sommarsi al traffico in tangenziale, pressoché bloccato tutti i pomeriggi fino a sera.
A San Donato, lo stadio del Milan è previsto in un’area degradata, in mezzo a due rami dell’Autostrada del Sole dove converge la tangenziale Est e in più consumerebbe un tratto del Parco Sud, verso via Sant’Arialdo.
A breve distanza, sulla ex area Montedison, ci sarà il nuovo PalaItalia, il Palazzo dello Sport per le Olimpiadi invernali del 2026.
Si tratta di uno dei tratti più intasati d’Italia dal traffico automobilistico. Non solo: a garanzia della costanza dell’afflusso automobilistico, è previsto che lo stadio sia utilizzato anche per spettacoli e altri eventi e inoltre dovrebbero essere costruiti anche un centro commerciale, un albergo e altro ancora.
Altre decine di ettari – complessivamente oltre cinquanta – di suolo consumato, in un’area che per il tasso di inquinamento avrebbe bisogno di molti alberi e riduzione del traffico; area che, seppur degradata, ha finora svolto un poco il ruolo di mediatore ambientale.
La qualità della vita dei cittadini di un vasto territorio sarebbe sconvolta, come sarebbe sconvolto l’ambiente che faticosamente nei decenni si è cercato di recuperare con i parchi della Vettabbia e delle Rose.
Più alberi e meno cemento nella Pianura Padana
A livello mondiale la priorità è piantare nuovi alberi per riequilibrare il clima, mitigare il caldo estivo, assorbire anidride carbonica, creare ossigeno, depurare le acque.
È questa un’emergenza mondiale e assoluta: il prezzo è il futuro dell’umanità.
Per la Pianura Padana, l’area più inquinata d’Europa, è un’esigenza urgente e assolutamente non eludibile. Tutti gli indici ambientali e climatici dicono che Milano è al vertice di questa emergenza, ma le SpA del calcio travalicano tutto ciò e pensano solo ad accumulare denaro con stadi e tutto quel contorno che nulla dà alla qualità reale della vita della gente, ma al contrario, per un divertimento indotto la peggiora enormemente. “Panem et circenses”, “pecunia non olet”: sono questi gli imperativi, a costo di degrado umano e ambientale.
E le colpe delle Amministrazioni locali sono enormi.
A Milano non si trova lo spazio per nuovi alberi…
“Milano ha perso 12 milioni di euro dall’UE per il 2022 e il 2023, quali fondi vincolati al contrasto dell’inquinamento secondo il Recovery Plan, che sarebbero serviti per piantare 276.00 alberi su 276 ettari di territorio della Città Metropolitana, facenti parte del capitolo Forestazione urbana, peri-urbana ed extraurbana del PNRR.
Ma nessuna azienda ha risposto all’avviso pubblico del Comune perché non esistono sull’intero territorio zone disponibili a creare nuove foreste.
Per trasferire, l’Europa chiede di piantare specie autoctone e avere spazi a disposizione per un minimo di tre ettari.
La Corte dei Conti ha delegato le verifiche ai comandi provinciali dei Carabinieri, che hanno accertato che Milano è l’unica città nella quale non sta partendo alcun progetto”.
Ecco, con quella dichiarazione che “non esistono zone disponibili a creare foreste” Milano si autodenuncia.
In sostanza in città cresce solo il cemento invece che alberi!
Solo un accenno, ma ci torneremo presto: dal gennaio 2024, i principali quotidiani cittadini riportano la notizia che la magistratura milanese ha messo sotto osservazione tutta una serie di interventi edilizi problematici autorizzati dal comune di Milano, come i due grattacieli di 90 metri di altezza di Crescenzago e la “Torre Milano” di Piazza Carbonari (sorta al posto di una struttura di massimo 3 piani).
Ma in realtà gli spazi per gli alberi ci sarebbero
La Città metropolitana di Milano è l’area con la più alta concentrazione di centri commerciali e centri logistici in Europa.
Questi ultimi sono sorti senza una programmazione del territorio, della logistica, del trasporto merci e comporteranno un enorme incremento di traffico di mezzi pesanti, quando occorrerebbe rovesciare metodi di commercio e trasportare le merci su rotaia.
Occorrerebbero alberi – l’Unione Europea ne prevede 3 miliardi entro il 2030 – e contrariamente a quanto dichiarato da Stefano Boeri, presidente del Comitato Scientifico di ForestaMi, gli spazi per gli alberi ci sono: basti pensare alla zona Sud della città e ancor più a quelle aree dove sorgeranno gli stadi, ampiamente superiori ai tre ettari minimi previsti dall’UE.
Bisognerebbe che le Amministrazioni deliberassero varianti di piano regolatore dedicandole ad aree verdi invece che a cemento. In tal senso, è stato un involontario regalo al Milan quello della ex giunta di San Donato, che fece una variante di piano regolatore dedicando a sport e commerciale quell’area degradata dove dovrebbe sorgere lo stadio rossonero.
E il Comune di Rozzano, per essere certo del risultato, ha approvato la variante al Piano di Governo del territorio, il PGT, inserendo esplicitamente le parole “previsione dello stadio”.
In queste condizioni i cittadini devono organizzarsi
Per dare forza a un “no!” nel nostro Paese non basta la ragione delle intelligenze più avanzate e limpide: occorrono forze politiche e sociali non prone davanti ai poteri economici, ma queste forze da alcuni decenni sembrano non esserci.
In loro assenza, devono essere i cittadini a organizzarsi, anche se sembrano non essere sufficienti le sparute forze socialmente e politicamente più consapevoli e coscienti sulla reali situazioni sociali, climatiche e ambientali dei territori e sullo scempio che si vorrebbe compiere, di fronte alla titubanza di Enti locali consenzienti, al limite della connivenza.
In questa situazione di debolezza della scienza e della coscienza ha gioco facile chi detiene il potere economico-finanziario-sportivo-mediatico.
San Siro c’è, è bastato finora e basterebbe ancora, se ci fosse un po’ meno cinismo e più senso civico da parte di “lor signori”, sia quelli che hanno il potere economico sia quelli che dovrebbero governare secondo le Leggi nel rispetto della “gerarchia delle norme” al vertice delle quali c’è quella che dice “La Repubblica … tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.